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al testo di Francesco Burgio
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E se ti ho ascoltata è perché ho riconosciuto la tua voce, dagli echi della memoria dei prossimi secoli, navicella alla deriva nello spazio profondo. Ho la registrazione digitale per non sbagliarmi e anche le impronte dei polpastrelli incise nelle sinapsi della mente. Le ho decodificate col raggio laser quando ti ho stretto la mano, c’era già lo sfondo perfetto e la luce ruotava lentamente per fermarsi sul tuo sorriso. L’istante che è nato sul marciapiede della stazione spaziale è già scolpito nelle maglie del tempo sulla riva di un fiume che in un giorno del futuro sarà storia. Scorre tra alte mura di marmo e ha acque di velluto.
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